Il termine ‘affresco‘ deriva dalla modalità d’esecuzione di questa straordinaria tecnica pittorica che utilizza come elemento fondamentale l’intonaco, appunto ancora fresco, come fondo della pittura stessa. I componenti fondamentali della pittura a fresco sono: il supporto, l’intonaco, il colore.
Il supporto di pietra o laterizi deve presentarsi asciutto e ben livellato, e viene bagnato solo prima di iniziare;
il rinzaffo è un impasto di riempimento localizzato composto da calce spenta (grassello) e sabbia di fiume a granulometria grossa per colmare eventuali vuoti o irregolarità della superficie;
l’arriccio, è uno strato di intonaco preparatorio ruvido, steso dello spessore di 1 cm direttamente sul supporto e composto da calce spenta (grassello), sabbia di fiume a granulometria media impastati con acqua;
solo successivamente alla completa essiccazione dell’arriccio può essere steso l’intonaco pittorico, detto anche ‘velo’, ‘tonachino’o ‘intonachino’, è liscio, composto di un impasto sottile di sabbia di fiume fine alla quale possiamo aggiungere la giusta proporzione di polvere di marmo setacciata, calce spenta (grassello) e acqua. Questo strato compatto e ben lavorato sarà il fondo per la successiva stesura del colore.
Il colore o pigmento in polvere di origine minerale deve appartenere alla categoria delle terre o degli ossidi, è stemperato in acqua e steso necessariamente sull’intonaco ancora umido (da qui il nome, dipinto ‘a fresco’ o ‘affresco’). Grazie a questa modalità le particelle di pigmento saranno completamente assorbite e inglobate nell’intonachino pittorico, fino a completa asciugatura terminando così il processo definito carbonatazione, che permette particolare resistenza all’acqua e al tempo.
Il momento ideale per stendere i colori stemperati è sicuramente ad inizio asciugatura dell’intonachino pittorico, quando la malta comincia quindi a ‘tirare’.
Per dipingere a fresco, altra difficoltà, consiste nel capire quale sarà la gradazione finale del colore ad asciugatura completata: l’intonaco bagnato, infatti, rende le campiture cromatiche più sature e scure, mentre essiccandosi tende a schiarire i colori di almeno un 40% dalla tonalità dipinta a fresco, poiché la calce che ha caratteristiche molto caustiche e corrosive.
Questa tecnica non permette alcun pentimento o ripensamento in fase d’esecuzione, una volta stesa una pennellata di colore essa rimane impressa e intimamente inglobata con l’intonachino di fondo in maniera indelebile. Si evidenzia, inoltre, che i tempi di realizzazione stessi sono molto stretti: l’artista realizzava quindi piccole porzioni ‘affresco dette ‘giornate’. L’intonaco non dipinto nella giornata, veniva demolito tagliandolo ‘a scarpa’ per far aderire meglio l’intonaco del giorno successivo.
Le “giornate” dell’affresco
Cennino Cennini di Colle Val d’Elsa, nel suo “Libro dell’arte“, del 1398 circa, scrisse le ‘regole’ dell’affresco: il procedimento, la tecnica e i materiali che dovevano essere usati.
” Quando vuoi lavorare in muro, ch’è il più dolce, il più vago lavorar che sia, prima abbi calcina e sabbione, tamigiata ben l’un l’altra. E se la calcina è ben grassa e fresca, richiede le due parti di sabbione, la terza parte di calcina. E intridili bene insieme …. lasciala riposare bene qualche di tanto che ne esca il foco che quando è così focosa, scoppia l’intonaco che fai.”
L’autore prosegue consigliando di spolverare bene il muro, di bagnarlo abbondantemente e di stendere la calcina su tutta la superficie fino ad ottenere sul muro un intonaco ‘ben arricciato e un poco rasposo’, cioè ben ruvido, affinchè il secondo intonaco aderisca bene.A questo punto iniziava il vero e proprio affresco che doveva concludersi in un’unica giornata:” …Quanto il dì puoi lavorare; chè quello che smalti ti convien finire… perché il lavorar in fresco è la più forte tempera.”Il pittore poteva avere dalla sinopia la visione dell’insieme, poi calcolava quanta pittura poteva portare a termine in un giorno e, sulla porzione calcolata, chiamata ‘giornata‘, stendeva l’intonaco definitivo. Il disegno delle giornate assecondava il progetto della composizione pittorica affinchè non si vedessero i segni delle sovrapposizioni. Dal disegno si può capire come fosse importante la sinopia che ricordava al pittore tutta la composizione.L’intonaco non dipinto nella giornata, veniva demolito tagliandolo ‘a scarpa’ per far aderire meglio l’intonaco del giorno successivo.
Il disegno preparatorio
Sopra l’ arriccio il pittore del Trecento eseguiva il disegno preparatorio, trac-ciando prima gli orizzonti, poi le verticali a piombo con una corda imbevuta di acqua e terra rossa. Quindi passava a disegnare la scena che voleva rappresentare. Il disegno preparatorio, destinato a scomparire sotto lo strato dell’intonaco definitivo, viene detto sinopia perché fatto con la terra rossa di Sinope, una città sul mar Nero.
La sinopia era indispensabile per affreschi di grandi dimensioni perché il pittore poteva avere dall’abbozzo generale della
composizione la visione dell’insieme, poi stimava quanta superficie intonacata e dipinta poteva portare a termine in un giorno e, sulla porzione calcolata, chiamata giornata , stendeva l’intonaco definitivo.
I pigmenti
La stesura dei colori sull’intonaco fresco avveniva con più passaggi leggeri di pennello, velature, con colori stemperati in acqua. Per dipingere un volto veniva stesa sull’intonaco della terra verde, ecco perché negli affreschi molto deteriorati i volti fanno trasparire il tipico verdaccio. Sopra il verde, con pigmento rosso e con bianco San Giovanni si otteneva il colore rosa detto “incarnato”. Si preparavano due, tre tonalità più chiare. Si passava il primo colore, stendendolo sul verde e poi le tinte via via più chiare fino a creare punti di luce con il colore bianco. Con il colore scuro si tracciavano i contorni degli occhi, le narici del naso e l’interno dell’orecchio.