Storia di un progetto di restauro
L’idea di occuparmi dei numerosi affreschi di devozione in grave degrado, sotto i portici di Treviso, credo sia nata quando ancora frequentavo il liceo artistico. Camminando lungo il confortevole percorso dei portici di cui sono ricche molte città medievali come Treviso e alzando gli occhi per apprezzare le volte degli archi delle antiche case, più volte mi soffermavo per studiare le rappresentazioni sacre che caratterizzano quasi ogni casa.
Alcuni anni dopo cominciai a progettare un vero e proprio piano di valorizzazione e di intervento: tutti gli affreschi sono ormai quasi illeggibili. Si trattava di un progetto complesso perché l’ubicazione degli affreschi coniuga la proprietà privata con il suolo pubblico. Il portico, elemento che caratterizza gli edifici medievali, anche se parte integrante del piano terra della casa privata, è in realtà, da secoli, una strada pedonale pubblica protetta dalle intemperie. Per intervenire sugli affreschi erano necessarie molte autorizzazioni: in molti casi la proprietà dell’affresco è condivisa da tutti gli inquilini della casa; inoltre l’allestimento di un cantiere, nel mezzo del passeggio e davanti le vetrine dei negozi, era un’ulteriore difficoltà che sembrava fiaccare ogni entusiasmo. Si trattava anche di un progetto articolato perché le isole medievali caratterizzano praticamente tutto il centro storico di Treviso, eccetto le zone distrutte dai bombardamenti del 1944: le icone votive sono numerose in tutti i luoghi caratteristici della città.
Finalmente nel 2018, dalla collaborazione con il collega restauratore Antonio Costantini, è nato il progetto Le icone votive, un museo diffuso per la città con l’intento di valorizzare le antiche testimonianze d’arte religiosa popolare sparse dentro le mura, considerandole vere e proprie opere d’arte e testimonianze storiche. Il progetto univa l’idea di far conoscere e valorizzare da subito, nel breve periodo le icone votive attraverso la comunicazione dell’esistenza di questi percorsi di arte e di devozione, facendo leva sull’assunzione di responsabilità dei cittadini per un patrimonio che è di tutti e sulla cui salvaguardia che non poteva più essere procrastinata. Prevedeva, con un respiro temporale più ampio, il loro restauro, secondo gli altri impegni di lavoro e il contributo della cittadinanza, accanto a quello dei restauratori.
Gli affreschi sono per la loro posizione e per la possibilità di ammirarli una preziosa testimonianza, elementi storici che contribuiscono alla conoscenza della città e, per i credenti, un segno di fede. È possibile ideare alcuni percorsi artistici che collegano i luoghi di culto, le chiese, dove le rappresentazioni sacre sono senza dubbio di maggior valore dal punto di vista artistico, con queste ‘poste’ di devozione popolare che uniscono idealmente i quartieri tra loro.
La scelta successiva è stata di limitare l’intervento agli affreschi del Calmaggiore, la strada più caratteristica della città che unisce il centro del potere religioso, il Duomo, con la Piazza, denominata dei Signori, dei palazzi del potere civile.
È un percorso breve ma scandito dalla presenza di molte icone votive che caratterizzano le case alte e strette, dal passo gotico, addossate le une alle altre senza soluzione di continuità, unite dai portici, caratterizzate dalla varietà dei loro archi; gli affreschi di devozione hanno trovato lo spazio tra le diverse altezze dei primi piani.
Il nostro itinerario alla scoperta delle immagini devozionali nei sottoportici cittadini, inizia dall’immagine sacra sulla parete esterna di una chiesa, quella di San Giovanni, il Battistero del Duomo.
Il piccolo affresco che occupa la lunetta sovrastante la porta del fianco settentrionale del Battistero è la raffigurazione dell’Agnus Dei, un’opera dall’alto valore simbolico anche se probabilmente modesto dal punto di vista artistico. Si tratta, secondo il Coletti che lo cita brevemente nel suo Catalogo delle opere d’arte di Treviso, di un “rozzo affresco, agnello in rosso bruno”. La sua particolarità è di trovarsi, oggi, visibilissimo, ad altezza d’uomo, lungo la passeggiata del Calmaggiore. Il restauro dell’Agnus dei del 2016 è stato realizzato da noi, per merito di un progetto del FAI Giovani di Treviso, ed è il primo simbolo religioso che accompagna il nostro itinerario.
Pochi passi più avanti, al numero 41 del Calmaggiore, un elegante edificio con un portico ad unico arco a doppia altezza, offre lo spazio per un affresco frontale rispetto al passante. È un’edicola con una Madonna in trono con Bambino. La maternità di Maria è il soggetto iconografico che compare in tutti i portici che abbiamo preso in esame, segno di una devozione plurisecolare: alla Madonna si appellavano i passanti chiedendo protezione per le loro famiglie. Come quasi tutte le icone votive che ci accompagneranno in questo itinerario, l’affresco è stato realizzato nel XVI secolo.
All’interno di una nicchia formata da una finta architettura con due pilastri che sostengono un architrave, e coronata da una lunetta con modanatura a forma di foglia che si risolve all’estremità con due volute, una Madonna con Bambino, definita da una traccia a sinopia dove i lineamenti sono delineati in modo impreciso e con esiti mediocri.
In via Calmaggiore, al numero 29, ancora una volta un arco generoso in altezza libera uno spazio ampio per un affresco composito. È la Madonna in trono con Bambino tra S. Giovanni Battista e S. Sebastiano ed è stato il primo degli affreschi che è stato restaurato nella primavera del 2019, grazie al sostegno del Lyons club di Treviso. All’interno di una cornice architettonica a volute con tema floreale in cui si intravvedono dei delfini, la Madonna siede su un trono semicircolare che la avvolge come in una nicchia. Sostiene sulle ginocchia il Bambino, ritto in piedi e benedicente. Stilisticamente si può collocare nell’ambito della cultura pittorica veneta dei primi anni del XVI secolo, con riferimenti alle Madonne dei Vivarini e di Giovanni Bellini. Si nota infatti un atteggiarsi delle figure simile alla Madonna di Brera di Giovanni Bellini. I pittori ai quali venivano commissionate queste rappresentazioni erano perlopiù artisti minori, di ambito locale, che si rifacevano a modelli alti: spesso realizzavano copie di pitture note di pittori famosi o semplicemente a questi si ispiravano per l’impianto architettonico o le raffigurazioni. Lo stato di degrado dell’affresco impediva di distinguere le figure della composizione: il volto di Maria appariva praticamente cancellato e erano appena distinguibili, alla sua sinistra, San Giovanni Battista e a destra, San Sebastiano. Oggi possiamo osservare l’affresco, dopo il recente restauro.
Nella casa immediatamente adiacente, al numero 27 del Calmaggiore, il portico di casa Dal Prà si apre su due grandi archi e offre al suo interno spazi variamente decorati. Merita una breve sosta per poter ammirare le preziose superfici decorate ad affresco. Spicca tra tutti l’orifiamma, circondato da volute e fogliame che copre la parte di solaio in mattoni sottostante il camino che proteggeva dal rischio d’incendio le travi in legno del solaio, infatti se il piano del camino è su un solaio di legno, la piana del fuoco è in muratura ed è riconoscibile dal piano sottostante. Questo elemento può essere notato in tante case medievali trevigiane. È il simbolo di San Bernardino da Siena che fu ospite dei frati di San Francesco per alcuni mesi nel 1423. Bernardino era un pellegrino predicatore che parlava ai fedeli della salvezza dell’uomo che poteva essere raggiunta nel nome di Gesù, del quale aveva adottato il monogramma greco IHS. Nelle sue predicazioni si raccomandava che il monogramma comparisse “nelle case, nelle camere, e da tenere sul cuore”. La sua predicazione ebbe un enorme successo in città, ebbe moltissimi seguaci: il monogramma di San Bernardino compare su molte case della città, sia come pittura ad affresco, sia a bassorilievo in pietra. Intorno al monogramma si diramano dodici raggi aurei: ognuno ha un diverso significato di pietà religiosa.
Ma tutto il sottoportico è stato decorato ad affresco, probabilmente alla fine del Quindicesimo secolo: una cornice a volute con fogliame e sirene, di gusto antiquario, e riquadri a finto marmo e, sopra l’arco interno al portico, tre piccole figure: al centro, la Madonna con Bambino nudo ed eretto che stringe in mano un uccellino, simbolo della Passione, ed equidistanti San Francesco a sinistra e Sant’Antonio, probabilmente l’abate raffigurato qui con il simbolo del pellegrinaggio, il bastone a T e il libro, a destra.
Il Palazzo al numero 3 di Calmaggiore si affaccia sulla Piazza dei Signori con un ampio volto a tutto tondo che cela all’interno l’affresco composito, appoggiato internamente al lato nord dell’edificio, Madonna con Bambino e Santi Giovanni Battista e Girolamo, databile alla fine del XV o inizi XVI secolo. La Madonna, al centro, è assisa su un trono semicircolare, con le mani giunte in preghiera. Per il suo atteggiamento e per le vesti, il manto rosso scuro, è vicina alle madonne dei Vivarini e del Bellini; sdraiato sulle sue ginocchia, il Bambino è nella classica posizione che preconizza la morte del Cristo. L’aureola crociata conferma il significato del sacrificio di Cristo. Le altre figure hanno un’aureola dorata, stagliata piatta sullo sfondo con effetto di raggi, esiti di una pittura vicina all’ambito di Bartolomeo Vivarini. A sinistra, San Giovanni Battista con cartiglio evidente “Ego vox clemantes in deserto”, un versetto di Giovanni, al posto del tipico Agnus dei. Dal volto, il Battista può essere inserito nell’ambito delle immagini dei pittori veneti attorno a Dario da Treviso. A destra dell’affresco, S. Girolamo, nell’iconografia classica: cappello dei domenicani con la lunga barba bianca, in preghiera, con a fianco l’interessante immagine di una chiesa romanica a tre facciate salienti con rosone centrale e finestre ad arco a tutto sesto.
L’edificio medievale al numero 12 e 13 di Piazza dei Signori è caratterizzato dalle pitture della facciata, lo stemma, i motivi floreali di grandi dimensione e la finta tappezzeria, realizzate a secco nel XX secolo con motivi tipici del gusto dell’epoca. Invece il portico conserva gli affreschi originari del XV secolo. La decorazione a motivo geometrico con racemi e cornici è interrotta nel pennacchio tra i due archi prospicenti la piazza dall’immagine di una Sacra maternità. Questo affresco è stato il secondo che ha beneficiato del restauro nel 2019. Per il pessimo stato di conservazione era purtroppo di difficile lettura: un’immagine frontale di Madonna a mezzo busto, che tiene il capo reclinato; il Bambino steso e fasciato in grembo volge la testa verso il passante; le grandi aureole punzonate a rilievo, mettono in evidenza l’espressione austera dei loro volti, dai lineamenti di gusto quasi bizantino.
L’intervento di restauro si è rivelato molto articolato e complesso, ma è stato motivo di grande soddisfazione, poiché ha riportato in luce le originali e pregiate cromie antiche che erano completamente celate da una cornea e spessa patina inorganica bruna, che appiattiva e rendeva poco leggibile la sacra rappresentazione. La fase diagnostica preprogettuale è stata curata dalla dott. Chim. Ir Roberta Giacometti.
Le icone votive presentate sono parte delle esistenti lungo il Calmaggiore: le icone nel centro storico son moltissime e meriterebbero di essere almeno conosciute. Il progetto Le icone votive, un museo diffuso per la città è stato presentato alla cittadinanza il 23 ottobre del 2018, presso l’Auditorium Stefanini a Treviso, nel corso di un incontro organizzato dalla Società Iconografica Trivigiana, con le bellissime fotografie, che documentano anche questo articolo, del fotografo Carlo Turchetto. Immediatamente dopo l’incontro, sono iniziati i lavori di restauro delle prime due icone del Calmaggiore, grazie al Lions Club Treviso Host.