Cennino Cennini di Colle Val d’Elsa, nel suo “Libro dell’arte“, del 1398 circa, scrisse le ‘regole’ dell’affresco: il procedimento, la tecnica e i materiali che dovevano essere usati.
” Quando vuoi lavorare in muro, ch’è il più dolce, il più vago lavorar che sia, prima abbi calcina e sabbione, tamigiata ben l’un l’altra. E se la calcina è ben grassa e fresca, richiede le due parti di sabbione, la terza parte di calcina. E intridili bene insieme …. lasciala riposare bene qualche di tanto che ne esca il foco che quando è così focosa, scoppia l’intonaco che fai.”
L’autore prosegue consigliando di spolverare bene il muro, di bagnarlo abbondantemente e di stendere la calcina su tutta la superficie fino ad ottenere sul muro un intonaco ‘ben arricciato e un poco rasposo’, cioè ben ruvido, affinchè il secondo intonaco aderisca bene.
A questo punto iniziava il vero e proprio affresco che doveva concludersi in un’unica giornata:
” …Quanto il dì puoi lavorare; chè quello che smalti ti convien finire… perché il lavorar in fresco è la più forte tempera.”
Il pittore poteva avere dalla sinopia la visione dell’insieme, poi calcolava quanta pittura poteva portare a termine in un giorno e, sulla porzione calcolata, chiamata ‘giornata‘, stendeva l’intonaco definitivo. Il disegno delle giornate assecondava il progetto della composizione pittorica affinchè non si vedessero i segni delle sovrapposizioni. Dal disegno si può capire come fosse importante la sinopia che ricordava al pittore tutta la composizione.
L’intonaco non dipinto nella giornata, veniva demolito tagliandolo ‘a scarpa’ per far aderire meglio l’intonaco del giorno successivo.