Restauro – Le colonne di San Nicolò – Arcangelo Michele

Progetto di restauro Le colonne di San Nicolò
L’affresco dell’Arcangelo Michele

Il restauro dell’affresco dell’Arcangelo Michele che combatte Satana è il primo degli interventi di un più ampio progetto di tutela e di valorizzazione degli affreschi sulle maestose colonne della chiesa di San Nicolò a Treviso.
L’edificio lombardo-gotico, di notevoli dimensioni rispetto alle chiese coeve dei predicatori, è un’opera benedettina del XIII secolo. Fu ricostruita più maestosa dopo un incendio con le ricche donazioni di Nicolò Bocassino, il domenicano che iniziò la sua formazione religiosa proprio nel convento di Treviso e che diventò Papa con il nome di Benedetto XI.

Le maestose colonne cilindriche in mattoni a vista che reggono l’impianto dell’edificio religioso, e rappresentano nel numero gli apostoli sui quali la Chiesa è nata, vennero parzialmente affrescate all’altezza dello sguardo dei fedeli, attraverso una o più rappresentazioni sacre. Probabilmente la colonna che per prima fu affrescata è quella a destra dell’ingresso laterale e, in quel caso, lo straordinario frescante fu Tomaso da Modena al quale era stato commissionata anche la famosa Sala del Capitolo, nel chiostro del convento adiacente la chiesa.

Le altre colonne furono affrescate contemporaneamente probabilmente da frescanti della bottega di Tomaso o in un periodo appena successivo. Mentre la colonna di Tomaso è stata interessata più di dieci anni fa da un restauro, gli affreschi delle altre colonne risentivano degli effetti del tempo e necessitavano anch’esse dell’opera di un restauratore.

L’immagine votiva sulla prima colonna meridionale della navata laterale destra è racchiusa in un’elegante cornice che simula la profondità. La figura dell’arcangelo si staglia verticalmente occupando, con le imponenti ali, quasi completamente la scena. Il volto, dai lineamenti dolci è quasi femmineo, il capo finemente acconciato e lo sguardo tagliente, quasi laterale. La veste richiama per cromia e disegno una vera e propria armatura, una fibula chiude il ricco mantello damascato e foderato di vaio. La mano destra brandisce una sottile lancia che colpisce il petto del demonio steso a terra e tenuto fermo dal piede sinistro del santo. Con la mano sinistra l’arcangelo tiene la bilancia, l’attributo di Michele nel momento della “psicostasia”, la pesata delle anime.

L’affresco fu commissionato con un lascito del 1348 di “Donna Margherita Brusega”; l’autore è un pittore emiliano di ambito bolognese. La tecnica esecutiva può essere definita a “buon fresco”: i pigmenti sono stati stemperati nel latte di calce che rende le pennellate corpose e piene e successivamente stesi direttamente su intonaco fresco.

Un attento esame ravvicinato svela come la composizione generale sia stata impostata velocemente, ma in modo sapiente: l’intera scena è descritta con due sole ‘giornate’ che si delineano chiaramente a luce radente: la prima descrive la complessa cornice a contorno, mentre la seconda compone tutta la scena principale con un importante riquadro centrale.

La superficie affrescata si presentava in cattivo stato di conservazione: importanti elementi del tessuto pittorico sono stati perduti per sempre e un importante fenomeno di caduta del colore caratterizzava ampie zone di superficie nella metà inferiore che presentava caratteristiche incisioni vandaliche con alcune iscrizioni e sottili picchiettature profonde, molto ravvicinate, segni inferti da una battitura prolungata, con particolare accanimento, nella figura del diavolo: la testa è stata completamente abrasa e irrimediabilmente rovinata a dimostrazione che l’affresco esposto alla devozione, ha avuto nei secoli un vero e proprio “uso liturgico”. É stato così intensa l’usanza di battere satana che la raffigurazione del demonio era andata completamente perduta come si evince dalla documentazione fotografica di inizio secolo. La figura del demonio tuttavia era stata quasi completamente ridefinita nel corso del restauro di Memi Botter nel 1997. La ridefinizione di Botter, oramai storicizzata è stata mantenuta eseguendo una pulitura selettiva del fondo e dei piccoli lacerti originali rimasti.

Sempre nella parte inferiore dell’affresco, tra le gambe dell’Arcangelo, una cera superficiale rendeva lucida quasi completamente la parte bassa della composizione, cancellandone il colore. Nonostante l’operazione di rimozione della cera superficiale con lavaggi, purtroppo, parte della cera che ha causato il grave danno alle cromie, è penetrata irrimediabilmente. Probabilmente l’affresco era stato danneggiato dalla caduta di una delle antiche candelabre, alte quasi 2 m, che venivano collocate già alla fine dell’Ottocento vicino alle colonne lungo tutta la navata centrale. Oltre al vecchio deposito di cera, tutta la superficie dell’affresco risultava offuscata da deposito superficiale compatto e presentava vaste zone di integrazioni materiche e ritocchi alterati.

La prima fase dell’intervento di restauro è stata l’attenta analisi visiva e la verifica dello stato generale dell’intera superficie pittorica e fissaggio dei frammenti e piccole porzioni in fase di collasso. La successiva fase di pulitura selettiva ha finalmente messo in risalto all’azzurrite di alcuni campi e le raffinate lumeggiature e trasparenze dell’incarnato.

É stata successivamente eseguita la rimozione meccanica delle stuccature e delle sigillature inidonee eseguite nel precedente intervento di restauro per eliminare materiali che per composizione, conformazione o localizzazione possono costituire nuova causa di degrado.

Il ritocco pittorico è stato eseguito ad acquerello su indicazione della Soprintendenza, con lo scopo di accompagnare e far convivere il tessuto pittorico trecentesco con i rifacimenti storicizzati del restauro Botter. L’intervento d’ integrazione pittorica è stato calibrato con l’intento di valorizzare la superficie originale creando una velatura vibrata neutra che vira verso la tinta locale, riconoscibile e sottotono rispetto alla cromia antica.

Il restauro è stato realizzato grazie a Round Table 35 di Treviso.